Gli obiettivi catadiottrici

I primi schemi catadiottrici furono creati per contenere le dimensioni dei telescopi. L’innovazione fu poi importata in ambito fotografico e nacquero così i famosi obiettivi a specchio, chiamati anche mirror lenses, reflective lenses o reflex lenses.

Un obiettivo catadiottrico si caratterizza per la presenza di due specchi all’interno del proprio schema. Questi elementi permettono di combinare l’effetto della riflessione a quello della rifrazione, così da ridurre anche di 2/3 la lunghezza fisica dell’obiettivo rispetto ai modelli solo rifrattivi di pari focale.  

In uno schema catadiottrico la lente frontale raccoglie i raggi luminosi provenienti dal soggetto e li trasmette a uno specchio concavo a forma di corona posto sul fondo dell’obiettivo; questo specchio primario riflette la luce verso la parte anteriore dello schema ottico, dove si trova uno specchio secondario di forma convessa che a sua volta invia i fasci di luce al sensore o alla pellicola, attraverso l’apertura presente nello specchio primario. Dal momento che sul piano focale giunge solo luce riflessa, che per sua natura è esente da dispersione, i catadiottrici producono immagini sostanzialmente prive di aberrazioni cromatiche. D’altro canto, però, le aberrazioni sferiche restano un problema e risultano spesso meno corrette che negli obiettivi rifrattivi.

Un grosso limite dei catadiottrici è la ridotta luminosità, che in genere varia tra f/5.6 e f/11 e che a causa della bassa trasmissione si traduce spesso in un valore T tra 8 e 16. Va anche considerato che gli obiettivi a specchio non dispongono di diaframma e che quindi la loro luminosità non è modificabile. Un altro fattore da tenere in considerazione è che i catadiottrici sono piuttosto delicati. Gli specchi si opacizzano e si disallineano con più facilità delle lenti e sono più soggetti a espansioni e contrazioni di massa in seguito a variazioni termiche. A tutto questo va aggiunto il fatto che gli specchi riflettono in maniera evidente sulle immagini anche quei piccoli depositi di polvere e quelle macchie leggere che su una lente risulterebbero ininfluenti.

La caratteristica distintiva delle immagini realizzate con una lente a specchio è il donut bokeh, ossia l’aspetto “a ciambella” delle luci speculari fuori fuoco, dovuto alla forma dello specchio primario attraverso il quale  la luce raggiunge il piano focale.
Per approfondire: Bokeh: l’estetica del fuori fuoco