Filtri di diffusione e lunghezza focale

I filtri di diffusione per obiettivi, reperibili sia a lastra che a vite, esistono in numerose varietà e gradazioni al fine di realizzare diversi tipi di effetti a diverse intensità. Certi modelli agiscono in maniera omogenea su tutto il fotogramma, altri incidono molto di più sulle zone illuminate che sulle ombre, alcuni producono un effetto halation, ossia un glow attorno alle alte luci, e così via. In ogni caso i filtri di diffusione sono progettati per rendere le immagini più morbide, per ridurre contrasto e risoluzione.

Un tempo questi filtri erano utilizzati soprattutto nei primi piani delle dive per nascondere le imperfezioni della pelle; erano anche impiegati nelle gradazioni più alte per caratterizzare sequenze oniriche o fiabesche. Oggi i filtri di diffusione vengono spesso montati a prescindere dal soggetto ripreso, col solo scopo di ammorbidire la resa clinica del sensore digitale e degli obiettivi moderni.

I filtri di diffusione funzionano grazie a delle irregolarità presenti nel vetro di cui sono composti. Queste irregolarità possono essere dei minuscoli punti bianchi o neri (come nei filtri Pro-Mist) o una trama di protuberanze o protuberanze e depressioni (come nei filtri Mitchell) progettate per diffondere la luce in maniera mirata. Maggiore è la lunghezza focale dell’obiettivo utilizzato, più queste irregolarità risultano grandi rispetto al fotogramma. Di conseguenza, più lunga è la focale, più intensa appare la diffusione.

Questo non significa che aumentando la focale sia sempre necessario ridurre l’intensità della filtrazione. Sono tre i fattori da considerare in relazione all’obiettivo utilizzato per determinare quale sia il grado di diffusione più adatto:

  • L’ingrandimento delle irregolarità del filtro
  • L’ingrandimento dei dettagli del soggetto ripreso
  • Il potere risolvente dell’obiettivo utilizzato

Prendiamo in esame uno stacco tra un campo medio girato con un grandangolo e un primissimo piano realizzato con un teleobiettivo. Immaginiamo un’ambientazione naturale, un’esterna giorno. Nell’inquadratura più larga saranno presenti dettagli molto piccoli sia del soggetto principale che dell’ambiente. Per ammorbidire il microcontrasto di elementi così minuti è sufficiente una diffusione minima. Anzi, è facile eccedere e trasmettere un’impressione di fuori fuoco, soprattutto se si sta utilizzando un grandangolare spinto, dotato di un potere risolvente limitato. Sul primissimo piano realizzato col teleobiettivo, invece, anche le minime imperfezioni della pelle si faranno ben visibili; per ridurle sarà necessaria una filtrazione più intensa.

In sostanza si decide di volta in volta quale sia la gradazione del filtro di diffusione più adatta alla ripresa che si sta effettuando, non solo in base alla focale utilizzata, ma anche al tipo di soggetto raffigurato e all’effetto che si desidera ottenere; tutto questo, ovviamente, tenendo in considerazione la continuità visiva tra un’inquadratura e l’altra.

In genere nel corso di un intero film viene utilizzato un solo tipo di filtro di diffusione in non più di due-tre gradazioni, che nella maggior parte dei casi sono le più basse.

Sul sito della Tiffen Company sono presenti dei video con commento esplicativo che mostrano gli effetti di tutti i filtri di diffusione prodotti dall’azienda. Dalla stessa pagina è possibile scaricare in PDF il Triangle of Diffusion, un documento che indica con uno schema visivo il comportamento dei filtri di diffusione della casa statunitense in merito a halation, contrasto e risoluzione.

In sotanza quel che si può dedurre dal Triangle of Diffusion è che i filtri Mist producono il più evidente effetto halation ma non abbattono la risoluzione, i filtri Contrast offrono la massima riduzione del contrasto preservando comunque la risoluzione, i filtri Soft/FX sono progettati per il massimo contenimento della risoluzione senza tuttavia ridurre il contrasto o introdurre halation, mentre i Black Satin rappresentano il punto mediano tra i tre estremi.

A prescindere dalla ditta produttrice, i filtri che contengono la definizione white nella propria nomenclatura agiscono su tutta l’immagine senza priorità particolari, mentre i filtri denominati black influenzano le alteluci molto più delle ombre, allo scopo di preservare al massimo la risoluzione.