Lenti addizionali e bifocali (split-field)

Lenti addizionali e bifocali (split-field)
A sinistra una lente addizionale full field, a destra una split-field

Le lenti addizionali positive

Dette anche lenti diottriche o filtri close-up, sono in sostanza delle lenti d’ingrandimento. La loro funzione è ridurre la lunghezza focale dell’obiettivo sul quale vengono montate senza tuttavia modificarne il tiraggio, riducendone di conseguenza la minima e la massima distanza di fuoco. Possono essere impiegate per riprese macro ma anche per rendere possibile un primissimo piano o un dettaglio quando si utilizzano obiettivi dalla minima distanza di fuoco troppo elevata. Così come gli anelli d’inversione, i tubi di prolunga e il soffietto, questi accessori non permettono il raggiungimento delle lunghe distanze di fuoco.

Le lenti addizionali si applicano come un qualsiasi filtro frontale e si distinguono per la loro potenza, espressa in diottrie. Un kit base offre in genere 3 lenti nelle gradazioni +1, +2 e +4 diottrie. Maggiore è il numero di diottrie, maggiore è la capacità d’ingrandimento della lente.

Utilizzando insieme più lenti addizionali si ottiene un potenziamento diottrico pari alla somma delle diottrie delle lenti utilizzate. Accoppiando due lenti da +1 diottria si ottiene quindi un aggiuntivo ottico da +2 diottrie.

Dal momento che già una lente da +1 diottria limita la massima distanza di fuoco a 1m, le lenti addizionali da +0.4 e +0.5 diottrie sono quelle utilizzate con maggior frequenza in ambito cinematografico, soprattutto in congiunzione agli obiettivi anamorfici, che per loro natura offrono distanze di fuoco minime molto elevate.

Per un approfondimento sulle lenti anamorfiche: Breve introduzione agli obiettivi anamorfici

Le normali lenti diottriche vengono talvolta identificate come full-field in quanto influiscono su tutto il campo inquadrato, a differenza delle split-field che vedremo in seguito.

Calcolare la minima distanza di fuoco

Per conoscere la minima distanza di fuoco offerta da una lente diottrica è sufficiente dividere 1000mm per il numero di diottrie della lente stessa. Per esempio, una lente da 4 diottrie permette una distanza di fuoco dalla propria superficie di

1000 / 4 = 250mm

Questo risultato prescinde dalla lunghezza focale dell’obiettivo in uso ma presuppone che l’obiettivo sia a fuoco su infinito.

Per conoscere la minima distanza di fuoco ottenibile utilizzando una data lente diottrica su un obiettivo impostato a una distanza di fuoco diversa da infinito è necessario prima di tutto convertire in potenza diottrica la distanza di fuoco prescelta. Per far questo è sufficiente dividere 1000 per tale distanza espressa in millimetri. La potenza diottrica di un obiettivo focheggiato a 50cm è quindi

1000 / 500 = +2

Aggiungendo a questo valore quello della lente diottrica in uso, poniamo una +3, si ottiene un potere diottrico complessivo di +5. Qualsiasi obiettivo messo a fuoco a 50cm e corredato di una lente addizionale da +3 diottrie offre quindi una minima distanza di fuoco dalla superficie della lente addizionale pari a

1000 / 5 = 200mm

Alla luce di quanto sopra si può dedurre che, a parità di messa a fuoco, maggiore è la lunghezza focale dell’obiettivo in uso, maggiore è il coefficiente d’ingrandimento ottenibile con una data lente diottrica.

Lenti addizionali e distanze di fuoco

Distanza di fuoco
dell’obiettivo
Con lente da
+0.5 Diottrie
Con lente da
+1 Diottria
Con lente da
+2 Diottrie
Con lente da
+3 Diottrie
Con lente da
+4 Diottrie
Infinito2 m1 m50 cm33 cm25 cm
10 m1,67 m90 cm47 cm32,5 cm24,5 cm
7 m1,56 m87 cm46 cm32 cm24 cm
5 m1,43 m83 cm45 cm31 cm23,5 cm
3 m1,2 m75 cm42 cm30 cm23 cm
2 m1 m67 cm40 cm28,5 cm22 cm
1 m67 cm50 cm33 cm25 cm20 cm
50 cm40 cm33 cm25 cm20 cm16 cm

Calcolare il coefficiente d’ingrandimento

Il coefficiente d’ingrandimento ottenibile con una lente diottrica può essere calcolato moltiplicando la somma tra il potere diottrico della lente addizionale e quello della distanza di fuoco prescelta per la lunghezza focale dell’obiettivo in uso espressa in metri.

Tradurre in diottrie una distanza di fuoco è semplicissimo, basta dividere 1 (ossia 1 metro, quindi la massima distanza di fuoco ottenibile con una lente da 1 diottria) per la distanza di fuoco che si vuole convertire espressa in metri. Una distanza di fuoco di 10 centimetri corrisponde quindi a 10 diottrie.

Di conseguenza, utilizzando un 50mm focheggiato a 50cm e una lente addizionale da +3 diottrie si ottiene:

(2 + 3) x 0.05 = 0.25

In quest’operazione il 2 rappresenta il potere diottrco di un obiettivo focheggiato a 50 cm, 3 sono le diottrie della lente addizionale e 0.05 è la focale 50mm convertita in metri. Il risultato corrisponde in questo caso a un rapporto d’ingrandimento di 1 / 0.25 = 4 ovvero 1:4.

Se invece del 50mm, mantenendo invariate le altre condizioni, usassimo un 100mm, otterremmo:

(2 + 3) x 0.1 = 0.5

Ossia un rapporto d’ingrandimento di 1:2.

Per entrare in campo macro utilizzando una lente diottrica da +3 e una distanza di fuoco di 50cm è quindi necessario un 200mm, col quale si ottiene:

(2 + 3) x 0.2 = 1

Quindi un rapporto d’ingrandimento di 1:1.

È chiaro però che difficilmente un 200mm potrà offrire una distanza di fuoco così breve e che quindi se da un lato le focali più lunghe aiutano, dall’altro presentano un limite. A conti fatti, però, per quanto riguarda il rapporto d’ingrandimento ottenibile con le lenti addizionali, le focali lunghe restano sempre fortemente avvantaggiate rispetto alle brevi. Associato a una lente da +3 diottrie, un 200mm dotato di una messa a fuoco minima di ben 3m offre comunque un rapporto d’ingrandimento di 1:1.5, un risultato ben superiore all’1:4 ottenibile con un 50mm corredato della stessa lente addizionale ma focheggiato a soli 50cm.

Lenti addizionali positive a basso potere diottrico

Mentre reperire a poco prezzo delle lenti con un potere diottrico compreso tra +1 e +10 è un’operazione abbastanza semplice, sia rivolgendosi al mercato fotografico delle sottomarche che a quello dell’usato, trovare lenti addizionali positive da meno di 1 diottria è estremamente difficile. E purtroppo sono proprio gli aggiuntivi a basso potere diottrico a tornare più utili in campo cinematografico, dal momento che durante le riprese di un film l’esigenza più frequente non è quella di entrare nel mondo della macro ma di ottenere un primissimo piano, un dettaglio o un particolare, senza ritrovarsi con una massima distanza di fuco di un metro.

In genere l’unica possibilità di reperire dei filtri close-up da meno di una diottria è lasciare il mercato dell’usato fotografico e rivolgersi a quello delle strumentazioni cinematografiche, dove una lente addizionale ha un diametro di almeno 95mm e costa quanto un buon obiettivo autofocus.

Tuttavia, se state cercando una lente addizionale da 0.5 diottrie per un obiettivo con filettatura frontale entro i 72mm, esiste un vecchio aggiuntivo diottrico di marca Tamron, ormai fuori produzione, facilmente reperibile sul mercato dell’usato per pochi spiccioli. Ve ne parlo in questo video:

Le lenti bifocali

Dette anche split-field, le lenti bifocali sono delle mezze lenti diottriche progettate per condizionare soltanto metà del campo inquadrato. Questi aggiuntivi ottici vengono utilizzati per mettere a fuoco due distanze diverse allo stesso tempo.

Con una lente bifocale è possibile mettere a fuoco un elemento che si trovi anche solo a pochi centimetri dalla lente frontale dell’obiettivo in uso, sfruttando la parte di campo inquadrata attraverso la lente, focheggiando al contempo un soggetto molto più distante, sfruttando l’altra parte del campo inquadrato.

Ovviamente per ottenere un risultato simile sono necessarie delle accortezze. Prima di tutto va considerato che le due diverse distanze di fuoco non possono essere gestite separatamente, quindi uno dei due soggetti ripresi dovrà essere posizionato in relazione all’altro. Inoltre è inevitabile che in corrispondenza del bordo della lente diottrica, laddove la lente è stata divisa in due, l’immagine acquisita mostri alterazioni. Per nascondere il problema è buona norma lavorare a diaframmi aperti e allineare il bordo di taglio della lente a un elemento rettilineo presente in scena, così da nascondere quanto più possibile la transizione tra immagine filtrata e non filtrata. È anche importante assicurarsi che il filtro non venga colpito da luce diretta così da evitare riflessi sul bordo di taglio, che per la massima sicurezza può essere dipinto in nero opaco con un pennarello indelebile.

È bene tener presente che lavorando in contemporanea su due diverse distanze di fuoco non si ottiene una profondità di campo estesa da un punto all’altro, ma due aree di profondità di campo separate da un’area fuori fuoco. Per non rivelare l’artificio è quindi necessario lasciare vuota l’area tra le due zone di fuoco.

Considerato tutto questo risulta evidente come una ripresa in split-field richieda una perfetta orchestrazione e offra nella maggior parte dei casi margini di movimento minimi agli attori e nulli alla camera.

Filtro split-field - Esempio di utilizzo
Obiettivo 50mm utilizzato a f/2 con una lente addizionale da +2 diottrie

Nell’immagine qua sopra si nota chiaramente la transizione tra la parte di fotogramma condizionata dalla lente addizionale e quella libera. Avvicinando ulteriormente alla camera il soggetto in primo piano, sino a nasconderne le spalle, e orientando l’inquadratura maggiormente verso sinistra, sino a far combaciare il limite del filtro col margine destro della porta, si sarebbe probabilmente nascosto ogni artefatto. Non sempre però le esigenze di regia e gli spazi in cui ci si trova a girare permettono di osservare tutte le accortezze necessarie a riprendere immagini pulite usando uno split-field.

Anche le lenti bifocali si distinguono per il loro potere diottrico e si montano davanti agli obiettivi come un qualsiasi filtro. Abitualmente le lenti bifocali vengono dotate di un telaio rotante, così come avviene per i filtri polarizzatori, affinché l’utente possa orientarle a piacere.

Tipologie particolari di split-field

Le lenti bifocali vengono attualmente prodotte anche in versione letterbox e strip. Le letterbox lasciano scoperta una striscia centrale, offrono quindi il potenziamento diottrico su due lati del fotogramma, mentre le strip operano al contrario, offrendo il potenziamento diottrico su una striscia centrale del campo.

Sul mercato dell’usato fotografico sono reperibili split-field che dividono il fotogramma in molti modi diversi. Gli spot, ad esempio, sono forati al centro e lasciano scoperto un cerchio ampio solitamente 1/4 del campo inquadrato. Trattandosi di aggiuntivi ottici che risalgono all’era analogica, però, questi accessori raramente superano i 58mm di diametro, perché al tempo gli obiettivi fotografici avevano dimensioni perlopiù molto contenute.

Qualità d’immagine: lenti addizionali vs tubi di prolunga

È opinione comune che le lenti diottriche siano la soluzione operativamente più comoda ma qualitativamente peggiore per realizzare riprese a distanza ravvicinata. In realtà ci sono obiettivi che rispondono meglio a un aumento di tiraggio e obiettivi che offrono immagini migliori in congiunzione a una lente addizionale di buona qualità.

Tra gli anni ’60 e ’70 la rivista Modern Photography eseguì numerosi test di questo tipo utilizzando principalmente obiettivi 50mm e la conclusione dello studio fu che il solo modo per sapere se un obiettivo, a parità di rapporto d’ingrandimento, si comporti meglio davanti a un tubo di prolunga o dietro a una lente addizionale è provarlo con entrambi gli accessori.

Ovviamente c’è anche da considerare, come suggeriscono i prezzi, che non tutte le lenti diottriche sono uguali e che in certi casi questi aggiuntivi sono composti da più elementi, cosa che permette una ben più efficace correzione delle aberrazioni ottiche.

Tra i filtri close-up a lente singola, i migliori sono indubbiamente gli acromatici, talvolta definiti achromat e spesso composti in realtà da due vetri cementati. Questi aggiuntivi ottici sono particolarmente efficaci nel contenere le aberrazioni cromatiche e l’aberrazione sferica.

Ciò che posso affermare sulla base della mia esperienza è che la qualità di resa delle lenti addizionali decresce rapidamente all’aumentare del potere diottrico. Entro le 3-4 diottrie, con lenti di marca, i risultati sono tendenzialmente buoni; superati questi valori i sistemi ottici a lente singola non sono sufficienti a garantire un’adeguata qualità d’immagine su tutto il campo.

Lenti addizionali negative

Dotate di potere diottrico negativo (quindi -1, -2, -3…) aumentano la lunghezza focale dell’obiettivo sul quale vengono montate e di conseguenza ne ampliano l’angolo di campo. Può sembrare una contraddizione ma è un risultato che deriva dal rapporto tra il tiraggio immutato dell’obiettivo e la sua nuova lunghezza focale.

Questi accessori non trovano applicazione in campo cinematografico ma vengono ancora oggi utilizzati in diversi ambiti, ad esempio per ampliare il massimo angolo di campo offerto dagli obiettivi zoom delle telecamere palmari, che essendo dotate di sensori molto piccoli impongono grossi limiti da questo punto di vista. In questi casi però non si tratta di una singola lente ma di più lenti, di un piccolo sistema ottico in grado di garantire una migliore qualità d’immagine rispetto a una lente singola.